Ho appena visitato quel luogo incantato che si chiama Noto, in Sicilia e, leggendo la guida, ho appreso che l’insieme magico di architetture, materiali, dettagli decorativi e organizzazione viaria che lo compongono sono l’esito di una tragedia che colpì Noto nel 1693; un terremoto la rase al suolo e morirono mille suoi abitanti.
Affinchè la popolazione potesse decidere dove ri-fondare la propria cittadina fu istituito un referendum (il primo della storia italiana..!) il cui esito portò a ricostruirla a qualche chilometro di distanza, più a valle, vicino alla costa.
Una settimana dopo il terribile evento Giuseppe Lanza, duca di Camastra, nominato Vicario generale per la ricostruzione (il nostro Bertolaso di oggi?) chiamò a sé ingegneri militari, un matematico netino, un gesuita, i più valenti architetti dell’epoca, capimastri e scalpellini. Si procedette rapidamente alla redazione del piano urbanistico e alla costruzione degli edifici.
Questo capolavoro estetico, esempio mirabile del barocco siciliano, è dunque il frutto di un impegno corale che mettendo assieme competenze e talenti (penso che anche i tempi brevi di esecuzione abbiano avuto la loro parte nel successo dell’opera) ha prodotto BELLEZZA seppur conseguente ad una…catastrofe!
Possiamo immaginare che qualcosa del genere possa prodursi dal disastro dell’Aquila?
Daria Ripa di Meana