dsc_6869_teIl patrimonio culturale umbro, specie quello di origine industriale, è a rischio.
Le insidie sono molteplici e vanno dall’ adozione del piano casa a livello regionale, alla crescita di progetti relalitvi alle aree industriali dismesse, che sempre più spesso si configurano più come piani edilizi (abitazioni, uffici, piattaforme commerciali) che come definizione di progetti urbanistici.
I casi più evidenti sono quelli dell’ex Sai di Passignano, della ex Deltafina di Bastia, del Mercato Coperto di Perugia, della Manifattura Tabacchi sempre a Perugia, ma gli esempi potrebbero continuare.
Dietro a ciò stanno due dati: la caduta di una cultura della pianificazione del territorio e la resa sempre più evidente alle ragioni del ciclo edilizio, accentuatasi grazie alla crisi economica.
Per contro maturano esperienze museali anche di pregio, progetti di recupero e riuso e cresce la consapevolezza di settori sempre più ampi di cittadini e di settori del mondo associativo.
Insomma luci ed ombre.
In questo quadro appare evidente che è necessario rilanciare la cultura della pianificazione urbana e del riuso, ma occorre anche valorizzare la necessità di una conoscenza non casuale e sistematica di monumenti e siti industriali, di paesaggi urbani ed extraurbani segnati da realtà produttive.
Per far ciò è necessario anche un intervento legislativo che stabilisca percorsi e limiti, che ponga alcuni punti fermi relativi ai modi di intervento su queste tipologie di patrimonio.
Sappiamo che siamo alla fine di una legislatura regionale non felice per quanto riguarda la pianificazione territoriale.
Sarebbe il caso che nel prossimo quinquennio si voltasse pagina.
Renato Covino