Ci scrive don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano di ritorno da Auschwitz.

Sono tornato da Auschwitz stamane alle 3. Sì, ho dormito… ma da sveglio. Il freddo gelido (-19 gradi) pietrificava la mia coscienza più di quanto non ferisse la mia pelle. Eravamo un gruppo di 23 persone, ammutolite più che mute: in tre ore di visita, solo la voce flebile della guida rompeva il silenzio dei nostri respiri ghiacciati e dei sordi passi. ‘Sono qui, in questa residenza di morte, le radici cristiane di cui si abbeverano i nostri politici?’ mi sono chiesto ad alta voce. Un mio commento?Sono le parole di piombo di Pasolini sugli italiani:

‘…L’intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
da uno dei milioni d’anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,

di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l’ha mai liberato.

Mostrare la mia faccia, la mia magrezza alzare la mia sola puerile voce non ha più senso: la viltà avvezza

a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce…’

(Da: ‘La Guinea’, Poesia in forma di rosa, in ‘Bestemmia’, volume primo, Garzanti, Milano 1993)
don Aldo