Julia Kristeva è una linguista, psicanalista, filosofa e scrittrice francese di origine bulgara. Vive e lavora in Francia dal 1964 e pubblica principalmente in francese.
LE IDEE DI JULIA KRISTEVA
«Bisogno di credere – Un punto di vista laico» è un’opera importante pubblicata quasi 10 anni fa (in Italia da Donzelli) da Julia Kristeva, grande personalità «scrittrice, donna, madre di famiglia e analista, non mi chiami intellettuale» della cultura europea. Oggi che il «bisogno di credere» insopprimibile in tanti giovani prende la strada del delirio jihadista, il lavoro di Julia Kristeva resta in primo piano. La scrittrice (…) lavora alla «casa degli adolescenti» dell’ospedale Cochin di Parigi per aiutare con i mezzi della cultura e della psicanalisi i ragazzi tentati dall’islamismo. (…) «Posso parlare di quello che vedo, che sento dai miei pazienti, e dei miei sentimenti. Per la prima volta da quando sono in questo Paese, e sono passati oltre cinquant’anni, le persone credono nell’unità nazionale. Non quella dei politici ma quella del popolo».(…)
Oggi i politici continuano a litigare, ma la gente mi sembra più compatta, anche i musulmani si sentono attaccati nel loro essere francesi e reagiscono. Per la prima volta ho sentito dignitari musulmani condannare certi imam che magari non predicano la jihad, ma comunque criticano il modo di vita occidentale, la gioia di amare, cantare, bere. Trovo che sia un buon segno».(…) «Sì, la guerra è arrivata in Francia, ed è giusto combatterla. Non voglio restare nei riflessi consueti della mia famiglia politica, la sinistra. La guerra non è una cosa da americani, bisogna farla quando è necessario, prendersi la responsabilità della più grande fermezza e anche andare oltre, chiedere conto a Stati come l’Arabia Saudita o il Qatar della ricchezza sospetta dell’Isis. E domandare di più all’Europa, la cui impotenza è scandalosa». (…)
«Le persone si rendono conto della situazione e sono fiere di essere francesi. (…) «Cercare di interpretare, da laica, il fenomeno spirituale, di non lasciarlo in mano ai pazzi che se ne servono per compiere queste atrocità. I terroristi si servono dell’Islam e bisogna contrastarli su questo terreno, senza reticenze e senza paura di essere accusati di islamofobia. Per sottrarre l’Islam alla strumentalizzazione del terrorismo anche noi occidentali possiamo fare qualcosa, per esempio cambiare l’atteggiamento dell?illuminismo che si è costruito in contrapposizione alla religione e rivalutare il patrimonio spirituale del cristianesimo, dell’ebraismo e dell’islam, prenderlo sul serio e preparare i nostri giovani a fare fronte alla propaganda jihadista. Se neghiamo il bisogno di credere, la voglia di spiritualità dei ragazzi, li lasciamo in preda ai manipolatori di internet o delle moschee radicali. I giovani hanno bisogno di ideali, e quando sono fragili, senza lavoro e discriminati i loro ideali crollano, il desiderio di amore è inghiottito dal bisogno di vendetta, quel che Freud chiama la pulsione di morte. Dobbiamo rivalutare il patrimonio religioso, insegnarlo nelle scuole, non per inculcare la religione ma per interrogarla, interpretarla, problematizzarla, non lasciarla ai predicatori di morte».(…)
«Il mio insegnamento sul bisogno di credere l’ho trasferito all’ospedale Cochin, dove si curano gli adolescenti in preda all’anoressia, al vandalismo, alle tendenze suicide, e sempre più famiglie mandano ragazzi radicalizzati, tentati dall’islamismo integralista. Non sono ancora partiti per la jihad ma potrebbero farlo un giorno, bisogna prenderli finché siamo ancora in tempo». Questi ragazzi tentati dall’islamismo (…) Si attaccano a una ideologia mortifera ma che promette loro il paradiso, e risponde al loro bisogno di spiritualità, di ideali. Anche l’Occidente dei Lumi deve preoccuparsi di rispondere a questo bisogno, il nostro umanesimo deve rifondarsi. Io, da psicanalista, cerco di salvare i ragazzi dall’integralismo prima che sia troppo tardi. Gli intellettuali mediatici sono i clown dei politici, non voglio essere accomunata a loro. La guerra purtroppo va fatta. Ma io mi occupo di prevenzione».
Montefiori Stefano
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(18 novembre 2015) – Corriere della Sera