Il MAXXI di Roma: scultura urbana o museo contemporaneo?
“Il MAXXI non è un museo di arte contemporanea, tutt’ al più è una scultura contemporanea. In definitiva è il mausoleo di Zaha Hadid e come tale è straordinario”.
Queste le parole di Vittorio Sgarbi nel descrivere il Museo delle Arti del XXI secolo, pre-inaugurato a Roma il 14 e 15 novembre 2009 (ben due volte, per dare a più visitatori possibile l’opportunità di vederlo senza esposizioni al suo interno).
I 27.000 mq di superficie racchiusi in un guscio di cemento armato, vetro ed acciaio (per ospitare museo, auditorium, biblioteca, mediateca, bookshop, caffetteria e ristorante) tutto sembrano tranne un museo sia per la fluidità degli interni che per l’apertura verso l’esterno. Il progetto prevedeva che la piazza fosse unica consentendo l’attraversamento e la permeabilità dei due fronti. Oggi è invece interrotta da massicce cancellate in lamiera stirata, in un quartiere come il Flaminio caratterizzato da quinte urbane compatte.
Iniziato nel 1998 il nuovo Museo può essere letto, così come quello di Arte Contemporanea di Roma di Odile Decq, quale testimonianza del breve periodo di coraggio ed entusiasmo ministeriali di fine anni Novanta che ha tentato di contrastare l’ “immobilismo” architettonico italiano nel tentativo di riscattare il ruolo che le Istituzioni dovrebbero avere nella formazione sia del gusto architettonico che della cultura dei suoi cittadini.
Nei pressi del Maxxi si trova anche l’Auditorium di Renzo Piano ed il Foro Italico con la mirabile e deturpata Accademia della Scherma di Moretti, palestra personale del duce ed ora tribunale.
Il programma del Maxxi è quello di porsi come riferimento per lo studio delle esperienze artistiche del XX secolo e come “vetrina” e laboratorio delle tendenze contemporanee.
Le mostre, allestite in occasione della sua inaugurazione, sono lo specchio di tale volontà: una è dedicata all’architettura di Luigi Moretti, maestro del razionalismo italiano, una a Gino de Dominicis, artista e performer deceduto nel ’98; la terza a video-istallazioni di Kutlug Ataman.
La mostra su Luigi Moretti, molto curata, unitaria e chiara, occupa metà del piano terra. La raccolta di disegni, schizzi, modelli, video è interessante e riesce ad appassionare anche i non addetti ai lavori.
Le video-istallazioni di Ataman, che prendono in esame il rapporto tra oriente ed occidente nella Turchia moderna, sono affascinanti.
I lavori di Gino de Dominicis, più di trent’anni di evoluzione artistica dell’autore, sono unificati dalla risata registrata “D’io” dell’artista.
L’illuminazione eterea della luce zenitale e dei muri rasati in cemento, i corpi scala sinuosi, i contrasti materici tra nuovo e vecchio (la conservazione dell’edificio visibile dal foyer è stata motivo di scontro tra Architetto e Amministrazione) fanno di quest’architettura un’icona, forse indipendentemente da ciò che potrà ospitare.
Nonostante la complessità e la fluidità dello spazio le mostre non ne risultano sminuite; fa eccezione soltanto la sala terminale inclinata, i cui setti espositori ne frammentano la continuità spaziale.
Peccato.
Giulio Cardinali (specializzando perugino in Architettura al Potitecnico di Milano)