Cerchiamo ancora di capire di più della città in cui viviamo.
Perperugia e oltre sostiene che se la città non parla, nessuno mai ascolterà.
Questa volta la domanda posta ad alcuni cittadini è stata:
Che rapporto ha con gli stranieri che vivono nel suo quartiere?
Il 65% degli intervistati ha quindi un buon rapporto con gli stranieri, ma un robusto 35 % non ha rapporti o li ha pessimi in una città come Perugia con una così alta presenza di stranieri dove la convivenza è una parte essenziale della vita cittadina. Notevole il fatto che quando lo straniero è conosciuto come persona e non come categoria il giudizio sia senz’altro positivo, con la conseguenza di una reale integrazione.
Queste risposte sono confortanti da un lato, ma dall’altro ci fanno capire come a volte la percezione dello “straniero” sia legata allo spaccio di droga e al degrado sociale.
Come straniero – estraneo- viene spesso percepito non lo statunitense o il tedesco ma il magrebino. Si forma in sostanza uno spostamento semantico della parola, non più “da dove vieni” ma “quello che combini“, mettendo insieme paure ataviche, disagi contemporanei, chiusure culturali.
Ma lo spacciatore di Bolzano o di Ancona è straniero?
Lo spacciatore tunisino toglie il lavoro al suo collega di Orvieto?
Interrogarsi sulle percezioni profonde della città ci aiuta a capire quanto ancora c’è da fare per la comprensione delle diversità culturali. Senza pietismi nei confronti dello spaccio, ma senza indulgere in un razzismo da quattro soldi.
Ecco alcune risposte significative:
– Ho un ottimo rapporto con gli stranieri: il nostro medico di famiglia è iraniano (impiegato, 53 anni)
– Ho un buon rapporto: sto per sposarne uno (erborista, 40 anni);
– Rapporti praticamente nulli (libero professionista, 54 anni);
– Nella mia mente non esistono gli stranieri: con quei pochi che conosco scambio saluti e scherzo con i bambini e li aiuto, anche se posso (storica dell’arte, 60 anni).
– Dipende dagli stranieri; con molti è buono, con gli spacciatori è pessimo.