Questo articolo è stato dedicato al nostro blog dall’amico Roberto Morrione, che cordialmente ringraziamo:

1_maggioMi sveglio in un Primo Maggio diverso, in questa Italia così cambiata, per cercare in un panorama desolato il filo che mantenga aperta la strada di motivazioni ideali, di cose in cui credere e per le quali valga la pena di impegnare tempo, energie, fatica. La mattina non è addolcita dalla telefonata pur gradita di un vecchio compagno di altre battaglie, ricordi di manifesti attaccati insieme, l’odore di colla sull’eskimo, la vigilia di altre feste del lavoro, notti di passione politica e di incroci pericolosi con chi quella festa non l’ha mai amata, considerandola patrimonio ostile di una cultura operaia da colpire.
Un primo pensiero è che oggi non c’è più quella contrapposizione, perché la cultura operaia si è come svuotata, sommersa dai cambiamenti avvenuti nel mondo, dalla caduta delle ideologie, dalla trasformazione che sa di ritirata dei partiti della sinistra storica, ma soprattutto dall’omogenea palude di un nercato neo-liberista che erode valori esistenziali sostituendo le idee e le culture che difendono la condizione umana con idoli consumistici accettati ormai da tutti, anche inconsapevolmente, ma che in realtà nascondono il crescente divario fra il potere e i suoi sottoposti, fra l’avere e il non avere. Un divario scoraggiante che la terribile recessione in atto, frutto avvelenato proprio di quel liberismo selvaggio e senza regole, non annulla, ma ingigantisce, deprimendo ulteriormente lavoratori e ceti medi, che ne sono doppiamente vittime.

Così anche per coloro che non l’hanno mai amato e che l’hanno avversato il Primo Maggio è oggi privo di significato, uno dei tanti giorni di vacanza, gita al mare o fuori porta, puntata al ristorante o in pizzeria. Si odia di meno, quando si pensa che non ci sia più niente da odiare e soprattutto quando si è al potere e al governo, come tanti ex-fascisti e neo-berlusconiani, ipnotizzati  dal demiurgo onnipotente che dice di poter risolvere qualsiasi problema, che fa sognare traguardi impossibili, che si circonda di belle donne estratte dagli show televisivi, arrivando a trasformarle di un colpo in ministri e parlamentari…
E il pensiero va a questa festa del lavoro che i grandi sindacati celebrano a Onna, fra le rovine del terremoto che ha messo in ginocchio l’Abruzzo, simbolo di un’Italia a pezzi alla ricerca di un accettabile futuro. Di fronte alle fabbriche chiuse, alla disoccupazione dilagante, ai bassi redditi falcidiati dalla crisi, ai pensionati umiliati dall’inesistente o inconsistente social card, agli immigrati trattati  dal governo come animali pericolosi. Sembrano davvero lontane anni-luce le piazze stracolme di bandiere, di passione politica e civile, di speranze. Della mitica S.Giovanni romana è rimasto il concerto rock, imponente per il richiamo sui giovani, che giustamente non conosce destra e sinistra, ma che non basta a colmare il vuoto ideale, la deriva culturale, la condizione precaria e senza futuro di milioni di ragazzi e ragazze, divenendone anzi un po’ il sostituto consolatorio.
Pensavo a quelle piazze, il 25 Aprile, mentre ero diretto a Foligno per parlare dell’informazione dei nostri tempi, della crescente penetrazione mafiosa in Umbria, dell’impegno che Libera Informazione e Libera stanno assumendo con la Regione e con le amministrazioni, per sollecitare la stampa sul territorio, fare rete con associazioni, siti, blog, scuotere un’opinione pubblica ignara o, peggio, desiderosa di non essere “disturbata” da problemi nuovi e complessi, pervasa invece in modo parossistico dalla cronaca nera mitizzata dai media, dal gossip, dal circuito evasivo e consumistico offerto  ogni giorno dalle TV.
Attraversando il bivio per Amelia, mi era tornato alla mente Luciano Lama, che ne fu sindaco negli ultimi anni della sua vita di partigiano,  di sindacalista, di protagonista di una stagione di lotte e di
nuovi diritti per milioni di lavoratori. Con le sue camicie bianche indossate sui palchi del Primo Maggio, come ricordò anni fa Enrico Deaglio, simbolo della dignità del lavoro…E allo stesso tempo ha fatto irruzione nella memoria l’immagine terribile di Pio La Torre, assassinato dalla mafia insieme con Rosario Di Salvo proprio alla vigilia del primo Maggio 1982. Quanti morti da allora, per mano delle mafie, ma anche sul lavoro, vittime della mancanza di leggi e dell’inosservanza colpevole di diritti essenziali, contrattuali, di formazione e di sicurezza, per lo sfruttamento dei poveracci che arrivano dall’Est e dall’Africa alla ricerca di una realtà migliore, per l’illegalità fatta sistema, per il vuoto dello Stato di fronte al profitto a ogni costo.
Ma il 25 Aprile a Foligno avevo trovato cose bellissime che mi hanno aperto il cuore, una piazza colma di cittadini, di giovani arrivati da ogni parte della regione per ascoltare il concerto che il gruppo musicale dei Modena City Ramblers ha dedicato a Libera e ai suoi percorsi antimafia, inaugurando un viaggio che lo porterà da Nord a Sud in tante città. Un no alla corruzione e alle mafie, in una piazza dove Libera ha esposto i prodotti delle sue cooperative, sorte sui terreni confiscati ai mafiosi, diffondendo insieme il suo programma di impegno, di formazione civile e di lotta, esteso ora all’Umbria, a una terra non più incontaminata dagli interessi illegali. Come invece tanti cittadini, sbagliando, continuano a credere.
E in una sala, nel bellissimo Palazzo Trinci, dove giornalisti e magistrati, insieme con Libera, con le associazioni del volontariato e con le istituzioni regionali, in un nuovo patto di comune impegno contro le infiltrazioni mafiose e le complicità di cui si avvalgono nel tessuto dell’economia legale, hanno ribadito la volontà di creare un fronte comune per la verità e la giustizia, che porti in primo luogo ai cittadini conoscenza e memoria di quanto sta realmente accadendo.
Fra i tanti pensieri di questi giorni, c’è dunque l’aver ritrovato il filo rosso che congiunge idealmente, ma anche storicamente, il 25 Aprile e il Primo Maggio. E’ la Costituzione della Repubblica che, per volontà dei padri costituenti che rappresentarono da diverse angolazioni ideali il meglio di generazioni di italiani, pone il lavoro e i diritti civili, primo fra tutti quello della libertà di stampa, come base della nostra democrazia.
In quest’Italia incerta e devastata moralmente, prima ancora che dalla crisi economica, prigioniera di una sotto-cultura mercantile alimentata in buona parte da un’informazione malata, il Paese delle pulsioni autoritarie, del populismo e della brama di potere di un premier che esprime in fondo i vizi nascosti e antichi di una parte della nazione, c’è dunque quella Costituzione da difendere, quella memoria che vive nel presente, che richiama la responsabilità di ciascuno a mantenere un impegno civile rivolto al futuro.
Fra le tante brutte constatazioni di questo Primo Maggio, mi aiuta prorompente il pensiero che vale la pena di impegnarsi con i tanti che non si rassegnano al peggio, ai giovani di Libera, agli amministratori e ai cittadini onesti, riempiendo le scuole, le  piazze e le sale, come è avvenuto a Casal di Principe e a Napoli, a Perugia e a Foligno, come avviene ogni giorno in tante altre città e in paesi di ogni parte d’Italia. Solo così potrà esserc costruito un altro 25 Aprile ideale, senza sangue e senza armi, con la sola forza della democrazia,  ma con lo stesso ideale: la libertà. Ci vorrà del tempo, ma è necessario tentare.

Roberto Morrione
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Roberto Morrione, in RAI dal 1962, vi ha ricoperto numerosi e prestigiosi incarichi al TG1, al TG2 e al TG3, a RAI International e a RAI News 24, di cui è stato direttore. E’ attualmente coordinatore nazionale di Libera Informazione – osservatorio sull’informazione per la legalità e contro le mafie.