Il titolo scelto per la conversazione tra Claudia Ferrazzi, Paola Marini e Marco Pierini è “I musei che saranno”. Ma la frase potrebbe anche girare in altro modo, conferendo un significato sensibilmente diverso alle parole: “Che saranno, i musei?”.
La prima formulazione sembra suggerire un percorso forse ancora sconosciuto ma in buona parte segnato, la seconda pone un dubbio più forte, mettendo in discussione lo statuto stesso della parola museo.
Sul crinale di queste due enunciazioni trova terreno fertile il dialogo che potrebbe svilupparsi dalla condizione attuale dei musei, per toccare la recente riforma italiana, la pratica e l’etica museale dei nostri tempi.
Saranno luoghi esclusivamente deputati al culto del passato e alla conservazione della memoria o rampe di lancio verso il futuro?
Spazi da attraversare in solitudine o da vivere collettivamente?
Dispositivi funzionali alla formazione e all’educazione o generatori di emozioni?
Forse tutto questo insieme? E la tecnologia, mentre facilita il godimento dei musei e delle opere, quanto sottrae alla fantasia, quanto indirizza il nostro modo di vedere? La gestione pubblica prevarrà sempre su quella privata? Un’interazione è già ora possibile, come evolverà in futuro?
Se allestimenti, presentazione, illuminazione cambieranno – come sempre è successo – seguendo mode e modi della contemporaneità, come vedremo le opere nei musei che saranno?