Se di solito è difficile essere informati e stare al passo con l’attualità, quando si tratta di geopolitica è ancora più arduo, e per questo abbiamo fatto dieci domande a un vero esperto. Giornalista, saggista, docente e membro del comitato scientifico della Fondazione Italia USA, Lucio Caracciolo è fondatore e direttore della rivista italiana di geopolitica Limes che ha fondato nel 1993 e la Eurasian Review of Geopolitics Heartland nata nel 2000.
È considerato uno dei massimi esperti italiani di geopolitica, e venerdì 23 ottobre sarà all’Università per Stranieri di Perugia per l’incontro “CHE MONDO FA, le crisi geopolitiche che ci circondano”, presso l’Aula Magna, nell’ambito degli eventi culturali dell’associazione Per Perugia e oltre.
Lo abbiamo intervistato per Piacere.
Leggendo la sua voce su Wikipedia, si nota subito che lei ha partecipato alle riunioni del Gruppo Bilderberg. Con buona pace dei complottisti, ci dice qualcosa di vero su questo gruppo e sul suo potere?
In realtà partecipai a una sola riunione, una decina di anni fa, per dare una mano sulle questioni mediorientali, ma non vidi nulla di diverso da una classica riunione di Think Tank, sicuramente nulla che facesse pensare a un gruppo di potere superiore, o a complotti di qualche tipo.
La scena internazionale in questo momento è più complicata che mai: proviamo a districare un nodo alla volta. Mentre le scrivo, in Libia è stato raggiunto l’accordo per un governo di unità nazionale. Riuscirà a pacificare il paese dopo questi anni difficili?
Giungere all’accordo è stato faticoso, e sarà difficile passare dalla teoria alla pratica, cioè portare questo accordo, deciso in una sede diciamo pacificata, sul campo, sulle strade, sul terreno dove ci sono ancora troppe forze in gioco.
L’attentato di Ankara ha incendiato anche le strade della Turchia: siamo davanti all’esplosione di un nuovo focolaio destabilizzante? Si rischia una guerra civile?
La guerra civile speriamo sia evitabile. Il problema è che Erdogan vuole una maggioranza totale, che non otterrà, e questo comporterà instabilità anche dopo le elezioni.
La situazione in Siria è molto complessa, e anche chi si informa fatica a capire cosa succede. Ci può spiegare chiaramente quali sono le parti in lotta nel paese?
Prima di tutto la fazione di Bashar al-Assad, presidente e governatore, che conta sul favore del mondo sciita, quindi Iraq, Iran, Libano (Hezbollah), e come si è visto anche la Russia. Contro di lui, ovviamente c’è lo Stato Islamico, con l’appoggio del mondo sunnita, quindi Arabia, Turchia e altri gruppi più o meno invisibili. In questo contesto si inseriscono anche altri gruppi jihadisti, a complicare la situazione. Infine, nel conflitto intervengono anche le potenze occidentali in appoggio dei cosiddetti ribelli moderati, che però praticamente non esistono, se non in qualche salotto.
In Afghanistan i problemi non sono mai stati risolti, i talebani stanno tornando alla carica, e il numero di rifugiati afghani aumenta pericolosamente. A cosa è servito un decennio di guerra?
A nulla, se non a spargere tanto sangue. Se le forze occidentali si ritirano, è inevitabile che i talebani si riprendano le posizioni conquistate in precedenza.
Una parola su Kim Jong-Un, dittatore della Corea del Nord: con le sue parate militari e le sue condanne a morte di alti funzionari, è una sorta di nostalgica imitazione di Stalin, o dobbiamo considerarlo una reale minaccia?
Ecco, questo è davvero un mistero: il regime nordcoreano è quanto di più impenetrabile ci sia al mondo, nessuno sa quali informazioni al riguardo siano attendibili. Penso però che la Corea del Nord non possa fare molto di testa sua, senza l’approvazione della Cina, e che per questo non possa spingersi troppo oltre.
L’Isis per ora ha approfittato di una situazione troppo complicata perché qualcuno potesse intervenire con un’azione risoluta, e intanto accumula forza e procede con la sua propaganda distruttiva. Si sta lavorando davvero per fermare l’Isis, oppure, travolti dal resto delle emergenze, si temporeggia?
Lo Stato Islamico – mi piace chiamarlo con il suo nome – è più che altro una sorta di mostro provvidenziale, nel senso che, con la scusa di doverlo combattere, chiunque lo usa come pretesto per combattere poi anche altri nemici. È quello che fanno ad esempio i turchi con i curdi, i sauditi con al-Asad, ecc.
Con una situazione globale così allarmante, c’è la possibilità che l’America, per sentirsi sicura, dopo i due mandati di Obama elegga un repubblicano diciamo risolutivo, dal grilletto facile?
Per come si sta impostando la campagna, il candidato democratico forte, considerato ‘falco’ più di Obama, è Hillary Clinton, mentre il candidato repubblicano che va per la maggiore è Jeb Bush, che quanto a saggezza è più vicino al padre che al fratello.
Le tensioni tra USA e Russia stanno tornando ai livelli di un tempo: tira davvero aria di Guerra Fredda?
I rapporti tra le due potenze non sono mai stati buoni, anche dopo la fine della Guerra Fredda. In questo momento chi spinge di più per far cessare questa ostilità è la Russia, però Obama si è rivelato piuttosto sordo in questo senso, e si preoccupa molto più della Cina.
Infine, professore, ci dia un parere poco tecnico e molto schietto: nei prossimi anni il mondo si darà una calmata?
Diciamo di sì. Al momento c’è una certa inerzia verso il peggio, ma alcuni conflitti si spegneranno da soli. L’impegno nel risolverli sta soprattutto nel riuscire a non accendere altre tensioni.